Per che squadra tieni? Non è quella di mio papà ma...

Per che squadra tieni? Non è quella di mio papà ma...TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Filippo Gabutti
giovedì 11 marzo 2010, 11:00News Doria
di Cinzia Risaliti

Ho pensato tutto il giorno a cosa poter scrivere in questo editoriale. Ho chiesto ai miei amici di Genova di aiutarmi a trovare argomenti su cui dilungarmi, storie poco analizzate, fatti eclatanti, ma niente. Non ci è venuto in mente niente. In effetti, se ci pensiamo bene, alla Sampdoria in questo momento la ruota sta girando nella direzione corretta, i punti arrivano, la squadra è tornata ad essere un gruppo, i giocatori ce li richiedono tutti, Peter Pan è tornato ad allenarsi e Domenica ha pure fatto ritorno in campo, accolto da lunghi applausi di tutto lo stadio, quindi cosa c’è che non va? Niente. E allora io di che parlo, dato che volendo questo sarebbe il mio compito? Bella domanda.

Ho pensato di raccontarvi di come sono diventata Sampdoriana, ma forse non a tutti interessa. Volevo dirvi di come è nata la passione per lo stadio e per il calcio dentro di me, poi però pensandoci bene, mi sono accorta che la mia storia è forse comune a quella di tanti altri tifosi sampdoriani, o comunque di qualsiasi altra squadra calcistica, che si ritrovano ad avere una fede con i colori diversi rispetto a quella del resto della famiglia, quindi insomma, una storia che in tanti sanno ma che mai nessuno racconta. Lo so, non è interessante, ma io non sono il tipo di persona che va a trovare a tutti i costi il pelo nell'uovo.

La Sampdoria sta bene, porta i risultati a casa, c'è la grinta, c'è la voglia di dimostrare il proprio valore, c'è un mister che merita solo rispetto, perchè dovrei mettermi a criticare questo o quell'altro? No, io non critico. E siccome non c'è niente da criticare ho deciso: oggi vi parlerò di come vivo lo stadio, di come mai sono cosi attaccata ai colori blucerchiati e da chi ho preso tutto questo amore per il calcio.

In quanto a tifo nella mia famiglia non manca niente. Si parte dalla nonna che tifa fiorentina ( io sono Toscana, abito a Prato, a 20 km da Firenze, il che potrebbe voler dire tifare quella squadra lì, ma piano con le soluzioni affrettate), nonna che ha fatto due figli, tra cui mio padre, juventino convinto. Ma convinto eh. Il mio babbo si è girato mezza Europa a seguito della Juve, ha vissuto finali e partite “normali” in prima persona, mai si è sognato di criticare dirigenze e giocatori vari, per lui è sempre esistita una sola cosa : la maglia.

Da lui ho ereditato questa idea del tifo, del volere sostenere la squadra prima di tutto, tenendo la bocca aperta solo per cantare allo stadio, e mai e poi mai per criticare i tesserati. Perché, lo ripete anche lui,” i giocatori e la dirigenza vanno, la maglia resta”. Son quelle perle che solo i padri che ti hanno cresciuta allo stadio, sì vabbè a vedere un’altra squadra con i colori sbiaditi e un po’ tristi rispetto ai nostri, possono dirti. Chissà quanti ragazzi hanno avuto questi insegnamenti come me.

La nonna di cui parlavo prima, una splendida 86enne che domenica voleva mandarmi via dal ristorante in cui ci trovavamo per festeggiare il suo compleanno, per andare a vedere la partita, però tifa anche per noi. Lo fa perché ha una nipote “che tifa per la squadra di Genova” (la nonna ha capito tutto ….), perché le piace vedere e sapere quando vado allo stadio, che torno a casa col sorriso sul volto perché ho assaporato quello che voi, ragazzi e non di Genova vivete ogni giorno, per una sera. E’ contenta se vinciamo, un po’ meno se perdiamo. Quando giochiamo contro, è felice se vince la Fiorentina, ma automaticamente triste se perdo io, perché è sempre la mia nonna, ed i nipoti si sa, vengono prima di tutto.

Di tifosi nella mia stessa situazione ce ne sono tantissimi, ho amici al Nord come nel meridione, gente che nonostante i km di distanza da Genova, nonostante gli impegni e i problemi vari di ognuno di noi, ama la Sampdoria tanto quanto la possono amare chi la sostiene ogni Domenica. Non è che vogliamo essere considerati tifosi “diversi” perché tifiamo da lontano, né tantomeno possiamo dire di amare di più o di meno quei colori rispetto a qualcun altro. Sono dell’idea che nessuno ami più o meno di qualcun altro in particolare, ognuno vive la sua sampdorianità a modo proprio, però vorremmo far capire che si può amare qualcosa o qualcuno anche stando a distanza.

Lo sanno tutti, la distanza mantiene vivo il sentimento, una volta che ci si re-incontra poi non si capisce più niente, è tutto bellissimo, non c’è tempo, né voglia di avere il broncio sul viso, ma solo la voglia di godere quei minuti, quelle ore in compagnia di quei colori, di quegli amici che tu non dimentichi mai, nonostante la vita privata che ognuno di noi ha, di quei gradoni allo stadio che sembrano bruttissimi e antiestetici, ma che poi una volta distanti da loro diventano belli, e soprattutto, ti mancano tanto quanto la bevuta sotto la sud, i panini mangiati al volo e le chiacchiere fatte dai muretti vari.

E’ proprio quando torno a casa dai viaggi in terra ligure che mi rendo conto di cosa voglia dire tifare, di cosa sia la vita da stadio, ed è grazie ai miei genitori se posso vivere queste sensazioni, perché diciamocelo, chi vive la Sampdoria come valvola di sfogo, come unico modo per evadere dal mondo per due ore al giorno, come “maestra di vita, amica di sempre”, può capire quello che sto dicendo.

Infine ecco, mi sento di dover ringraziare chi ha fatto sì che io potessi esser qui a scrivere di quant'è bello andare allo stadio, tifare ed avere una grande passione per quei colori magici che ci fan venire i brividi. Non potrò dire "per che squadra tieni? come mio papà", ma un grazie al babbo è doveroso, perchè mi ha insegnato ad andare allo stadio come si deve, un grazie agli amici di sempre che non mi fanno mai sentire davvero distante quanto sono da Genova, ma soprattutto grazie a te Sampdoria, perché viverti è proprio bello.