Scudetto, Vialli: "La sfida di Mantovani, rendere possibile l'impossibile"
Gianluca Vialli, durante la conferenza stampa via zoom di presentazione del libro La bella stagione, alla quale Sampdorianews.net è stata invitata, ha analizzato diversi aspetti della splendida creatura di Paolo Mantovani:
"Per noi ogni scusa è buona per fare cose insieme: non potevamo lasciarci sfuggire la possibilità di ricordare il trentennale dello scudetto. Ci siamo ancora tutti ed è la prima volta che ci raccontiamo. Vogliamo regalare emozioni e ricordi alle persone. Il libro ci ha permesso di rivivere quei momenti. Ne abbiamo parlato con Marco Lanna e quella del libro ci è sembrata un’ipotesi fattibile. Abbiamo parlato con la Mondadori e ci hanno subito risposto positivamente. Abbiamo espresso quei valori di rispetto, altruismo, fedeltà, lealtà, condivisione e amicizia che ci hanno guidato. Un altro motivo importante è stato quello di un progetto filantropico, che ci consentirà di devolvere il ricavato a Gaslini Onlus, con cui siamo sempre stati in contatto fin da quando giocavamo.
Mantovani era una persona intelligente e riusciva a bilanciare la parte emozionale e quella della gestione in cui occorre freddezza. Era un visionario e riusciva a trovare l’equilibrio tra questi aspetti. Sapeva che si trattava di una sfida tra Davide e Golia: rendere possibile l’impossibile. Era coinvolgente e portava a lavorare con sudore, lacrime e sangue. Noi dicevamo di andare a letto col pigiama della Sampdoria ed era vero: quei colori erano la nostra seconda pelle. Guardavo Mantovani e pensavo che da grande avrei voluto essere come lui.
Ricordo gli incontri nel suo ufficio, con tanto fumo che era quasi difficile vederlo, poi ti sedevi nella poltrona e parlavi con lui e uscendo ti sentivi più alto di qualche centimetro e ti saresti sentito capace di camminare sulle acque. Nel libro c’è una presenza costante di Mantovani. Ricordo la cena proposta da Borea in un momento complicato alla fine del girone d’andata quando arrivarono un paio di risultati negativi e la squadra sembrava aver perso fiducia. Il ristorante aprì solo per noi e arrivarono i chiarimenti. In quella cena il gruppo si parlò in modo diretto e anche con forza. Dicemmo cosa volevamo si facesse in campo per noi stessi, ma anche ciò che noi potessimo fare.
L’episodio più divertente sul libro è che mi sono tolto tanti sassolini con Roberto. Io correvo volentieri, lui un po’ meno, però mi faceva gli assist. Lo marcavano in tre o quattro perché era pericolosissimo, quando non sapeva cosa fare tirava dei campanili. Io mi andavo a prendere il pallone, dribblavo due o tre giocatori e segnavo. L’indomani sui giornali celebravano gli assist di Mancini, ma spesso non era così.
Calcio romantico o tecnico, è complicato generalizzare. La formula che a me piace è quella di un club gestito con equilibrio. Deve esserci la sostenibilità finanziaria restando umani. È difficile fare esempi di squadre che hanno questo equilibrio. Un giocatore sceglieva la Samp per Mantovani, per le condizioni economiche che non facevano mancare nulla, ma anche per la qualità della vita. C’è molto di Genova nello scudetto. A Milano, Torino, Roma non avremmo potuto pensare di essere Davide contro Golia.
È vero che ti sentivi il re di mezza città, ma l’altra metà non nutriva gli stessi sentimenti e la rivalità portava ad effetti positivi. Nel ’91 trascinammo il Genoa a un risultato eccezionale, e un Genoa forte ci diede l’impulso per vincere. La Sampd’oro non si è mai sciolta, sono esperienze che creano legami indissolubili. Ciò smentisce chi dice che il mondo del calcio non può creare amicizie. Rispetto tutte le idee, ma a me il calcio ha dato doni preziosi".