IL SAMPDORIANO - Lontani ma una cosa sola, come non mai. 97' personali, condivisi
“Fallo per chi conta davvero, ognuno di quei seggiolini lasciati vuoti da chi avrebbe voluto esserci ma non ha potuto esserci. Per chi sarebbe venuto in pullman o in scooter, chi avrebbe macinato chilometri in treno, chi avrebbe fatto una lunga camminata per scaricare la tensione. Per chi soffrirà al tuo fianco a casa in solitudine, chi ti seguirà in compagnia delle persone più care, per chi sarà a pochi passi per sostenerti a distanza. Ovunque, comunque, noi ci siamo. Domani avrai un motivo in più per mettere in campo gli attributi, tutto il mondo blucerchiato ti seguirà fuori da quell'impianto. In ogni difficoltà cercaci con lo sguardo e il pensiero, ci troverai, ci sentirai. Corri e calcia in porta, spingeremo insieme quella palla. E quando gonfierai la rete, dedica il goal ad ognuno di noi, ad ogni Doriano”.
È una parte del mio editoriale alla vigilia di Sampdoria – Verona. Tutto come previsto, se non oltre. Abbiamo vissuto un'atmosfera surreale, un silenzio assordante, una situazione paradossale, ci giocavamo calcisticamente la vita, la sopravvivenza, come in ognuna delle gare restanti. Senza questi tre punti la situazione sarebbe diventata davvero complicata. Nei primi 45' non siamo riusciti a calarci nella mentalità di chi deve e ha i mezzi per salvarsi; timidi, compassati, contratti, impauriti, lenti, passivi e con un baricentro eccessivamente arretrato. Un film già visto, forse risulta difficile comprenderne le cause fino in fondo. Sfidavamo la principale sorpresa del torneo, reduce da una lunga striscia di risultati utili consecutivi (compreso il successo con la Juventus e il pari all'Olimpico con la Lazio), eravamo tutti ben consapevoli delle difficoltà nell'affrontare una compagine che corre come se non ci fosse un domani, organizzatissima, libera mentalmente essendo ormai abituata a giocare sulle ali dell'entusiasmo.
La sofferenza e l'essere costretti a subire e a difenderci con le unghie e con i denti rientrava in quanto ci si poteva benissimo aspettare, l'atteggiamento e lo spirito di metà gara però ha ulteriormente aiutato la formazione di Juric a prevalere sotto ogni punto di vista. Nell'intervallo probabilmente ci siamo guardati dentro, abbiamo capito che ci trovavamo come un pugile all'angolo prossimo al k.o. tecnico, chi non ha più nulla da perdere o ha davvero tutto da perdere, con le spalle al muro. 45' a disposizione, evidenti carenze a livello di organizzazione di gioco e qualità in alcuni singoli, qualche elemento sceso in campo con lo spirito “combattivo” del “facciamo il compitino” e quindi fuori luogo, sotto di un goal contro un avversario superiore e senza il supporto della Gradinata Sud.
Chissà quanti avranno subito pensato: “Cambio canale, spengo la radio, stacco internet, tanto è già persa”, “Stiamo giocando di m... che vadano in quel posto”, “Ranieri fa i punti del suo precedessore”, “E' finita”, ecc. E nonostante quei 45' potevano anche far venire cattivi pensieri, tutti quanti dobbiamo renderci conto che le partite durano 90' più recupero e tutto, nel bene e nel male, può sempre accadere, basta crederci mettendo le palle in campo. Come del resto sono quasi convinto che se avessimo segnato almeno una rete prima dell'intervallo contro la Fiorentina, almeno un punto sarebbe arrivato. Nella ripresa non abbiamo visto un gioco scintillante (quest'anno, come non mai, non ce ne frega assolutamente nulla se si giochi bene o male, conta fare punti, stop come possono insegnare ad esempio i 70' di Cagliari soltanto per riportare un caso), la squadra ha messo in campo quel che aveva, poco o tanto secondo il pensiero di ogni tifoso, come doveva essere ma non era scontato.
Sullo 0-1 può dominare la resa, la delusione, il pessimismo, il nervosismo, i ragazzi hanno attaccato con determinazione, dinamismo, il giusto spirito di chi vuole dimostrarsi più forte di qualsiasi avversità. Vista la prestazione di gran lunga sottotono di Gabbiadini e costretti a rinunciare allo squalificato Ramirez, il fiuto per il goal di Quagliarella rappresentava davvero una delle pochissime àncore di salvezze rimaste a disposizione. Alla prima palla pulita giocabile il n°27 ha insaccato di prima intenzione, capitalizzando il perfetto servizio rasoterra di Depaoli, e ha completato la rimonta realizzando con freddezza un rigore pesantissimo, impossibile quantificare il valore specifico di quella marcatura, grazie all'intervento dal Var nel sanzionare la gomitata ai danni di Ekdal.
Sono stati 97' indescrivibili. Personali, ognuno di noi li ha vissuti a modo proprio, in isolamento, dando pugni contro il muro, pregando, urlando come se i ragazzi ci sentissero, circondati dai colori blucerchiati in qualsiasi parte del mondo. Condivisi, ognuno ha condiviso incavolatura, speranza, voglia di combattere, gioia. Sensazioni e brividi che vanno oltre, ci siamo sempre stati al fianco della Sampdoria, domenica si giocava a porte chiuse ma, come non mai, siamo stati una cosa sola, un'entità unica. Abbiamo comunicato a distanza, nessun potere magico, “soltanto” la forza di chi non vuole mollare un centimetro fino alla fine. È un'annata di infinita sofferenza, il nostro destino sul campo sarà probabilmente deciso al triplice fischio finale dell'ultima giornata, è ancora presto per considerarci condannati. C'è posto soltanto per chi ci crede, vuole combattere sputando sangue, in primis sul campo. Dai Doria!